venerdì 10 agosto 2012

Cloud s*****, parola di Steve Wozniak

Wozz
     



















Lo storico cofondatore di Apple si scaglia contro la tecnologia cloud senza risparmiare epiteti. Ma qual è il rischio di abbracciare la nuvola con troppo entusiasmo?


Quando un guru storico della tecnologia come Steve Wozniak parla, di solito le conseguenze non tardano ad arrivare. E proprio il Woz ha recentemente espresso tutto l'astio che prova nei confronti del cloud computing. L'occasione era una cordiale chiacchierata dopo la performance del monologhista Mike Daisey – The Agony and the Ecstasy of Steve Jobs – alla quale aveva preso parte anche il papà dell'Apple II.

Quando tra i vari argomenti si è scivolati sul cloud, Wozniak si è sfogato: “Sono veramente preoccupato di tutti questi dati che migrano sulla nuvola ogni giorno. Sarà orrendo, nei prossimi cinque anni dovremo confrontarci con un bel po' di problemi. […] Il principale dei quali è che con la nuvola perdi la proprietà e il controllo dei tuoi dati, li cedi al gestore del servizio nel momentoin cui accetti i termini del servizio”.

La Rete ha subito fatto eco alle parole del guru: il cloud computing è una tecnologia che sta prendendo piede e come tale annovera ancora una nutrita schiera di detrattori, che sono stati ben contenti di trascinare il Woz tra le proprie fila. In contemporanea con la chiacchierata in questione poi si è verificato un fatto di cronaca digitale che sembra modellato sulle dichiarazioni pessimiste di Steve.



Si tratta di un hacking a cinque stelle che ha fatto tabula rasa dei dati di un giornalista hi-tech statunitense sfruttando proprio il cloud e il social engineering. Mat Honan è un ex collaboratore di Gizmodo e fan dei prodotti Apple: insieme a iPhone, MacBook e iPad, si è buttato a capofitto anche iniCloud affidandogli foto, musica, documenti e informazioni, ma pochi giorni fa ha avuto una brutta sorpresa. Un individuo ha fatto irruzione nella sua nuvola telefonando al centro assistenza Apple e, con pochi dati reperiti su Internet, è riuscito a intortare l'operatore quanto bastava per convincerlo di essere il legittimo proprietario dell'account.

In pochi secondi gli iDevice di Honan si sono svuotati e spenti, e gli account di posta e social network collegati (compreso il twitter ufficiale di Gizmodo a cui Honan aveva accesso) sono stati compromessi. Per il giornalista è stato un fulmine a ciel sereno, scatenato non tanto dalla scelta di una password troppo semplice, quanto dall'aver fatto affidamento su un servizio cloud che si è mostrato fallace.

Per quanto però i detrattori possano considerare la storia di Mat Honan un esempio perfetto di quanto il cloud sia pericoloso, ormai sta entrando a far parte delle nostre vite: Apple ha già fatto la sua mossa con iCloud, e anche Microsoft con Windows 8 punterà molto su questo tipo di servizi.

Ma non è certo la fine del mondo (a patto che chi gestisce questi servizi si dia una svegliata): come avvisa il Woz, l'importante è mantenere il controllo sui propri dati. Conservarne una copia in locale, crittografarli usando un servizio indipendente, tenere gli account separati, e soprattutto usare un servizio di cancellazione remota al di fuori della nuvola.

wired.it 


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